Stefano Di Battista ci parla dell’album “La Dolce Vita”, da poco uscito per la Warner Music, una raccolta di brani di Paolo Conte, Lucio Dalla, Nino Rota, Domenico Modugno, Nicola Piovani, Armando Trovajoli, Piero Umiliani, Ennio Morricone, Renato Carosone, Bobby Solo, Lucio Quarantotto. Racconta anche come é nata la sua passione per il jazz e del suo forte legame con la Francia. L’album é disponibile in vinile, cd e in digitale. Stefano Di Battista vanta collaborazioni prestigiose, tra le quali brillano i nomi di Michel Petrucciani, Elvin Jones, Jacky Terrasson, Jimmy Cobb, Richard Bona, Fabrizio Bosso, Flavio Boltro, Rita Marcotulli e, in ambito pop, Claudio Baglioni, Renato Zero, Adriano Celentano, Jovanotti e Tiromancino.
“La dolce vita”, uscito a distanza di tre anni da Morricone Stories, é un album di dodici brani molto famosi comprendenti anche colonne sonore, ci vuoi raccontare come é nato
L’idea nasce da una condivisione con la mia casa discografica, la Warner, avevamo già fatto la stessa avventura con l’album dedicato al Maestro Morricone ed eravamo rimasti stupiti ed impressionati dai risultati ottenuti grazie agli autentici capolavori che sono le sue musiche, arte pura della composizione. Così ci siamo detti, perché non proviamo a fare un progetto più collaterale, sulla musica da film di quella generazione di compositori e musicisti italiani degli anni 60/70, cavalcando l’onda delle emozioni. Mi piaceva anche il fatto di poter portare in giro e far ascoltare, non solo in Italia, ma anche in Europa e nel mondo questi brani e questa musica oramai immortale. Insieme ci siamo messi a scegliere i brani per questo nuovo album e la domanda che mi sono fatto é stata: “Quali brani mi farebbero paura suonare?” ed ecco che mi sono venuti in mente brani come Volare, Una lacrima sul viso ed altri, la stessa “La Dolce vita”. Probabilmente se me lo avessero detto 10 anni fa avrei rifiutato, invece adesso mi é piaciuta l’idea di cimentarmi su musiche di compositori come Piovani, Nino Rota ed altri, comunque autori italiani.
Come é nata la tua passione per la musica e perché hai scelto proprio il jazz?
Veramente non l’ho scelto, mi ci sono ritrovato. Io sono nato in un parco, il parco dell’Aniene dove i miei genitori avevano un ristorante, ero da solo e così a mio padre venne l’idea di mandarmi a suonare in una banda. Il maestro, non so per quale motivo, mi disse: “tu devi suonare il sax alto” e io, pur non sapendo che cosa fosse, ovviamente gli diedi retta. I primi giorni furono terribili, perché montai il becco del sax al contrario e mi tremava tutto il labbro, era una senzazione sgradevole, tant’é che chiesi a mio padre se fosse possibile cambiare strumento, ma lui mi fece capire che dovevo seguire il consiglio del maestro ed infatti, a parte i primi giorni, poi mi sono fatto coraggio e adesso posso solo ringraziare questo signore, che é ancora in vita e si chiama Carmelo Scafini. Poi dopo qualche mese, avevo circa 15 anni ed ero insieme a mio padre, passando davanti ad un edicola vidi una rivista, era Musica Jazz, che aveva come allegato un vinile. Lo acquistai e una volta arrivato a casa lo misi sul piatto per ascoltarlo, impazziì letteralmente capendo che c’era qualcosa che mi legava a quella musica senza averla mai scelta.
Nel 2021 é uscito l’abum Morricone stories, un progetto molto bello dedicato alle colonne sonore del Maestro. E’ vero che scrisse una melodia che poi tu hai dedicato a tua figlia? E che tipo di rapporto hai avuto con lui.
Credo di poter dire che verso di me avesse un rapporto amichevole, probabilmente perché venivo dalla periferia e da una famiglia semplice, mi trattava molto bene e per questo mi ritengo molto fortunato. La melodia che scrisse fu un caso, nel 2007 eravamo a casa del noto regista Stefano Reali, che aveva organizzato una festa proprio per il Maestro Morricone e lui scrisse davanti a tutti una melodia, chiedendomi poi di suonarla. Fu una cosa meravigliosa e molto particolare, io mi portai a casa il foglio dove l’aveva scritta, che conservo ancora come una reliquia. Anche in questo caso posso dire di essere stato molto fortunato.
La dolce vita rappresenta un periodo particolare e molto bello del nostro paese, immagino non sarà stato facile scegliere i brani che poi ha messo nell’album. C’é una logica nelle scelte oppure..
In un certo senso quel brano rappresenta un tipo di cinema, di vissuto di Roma e dell’Italia intera che mi affascina, anche perché poi io colloco quell’epoca pensando ai miei genitori. E’ stato un periodo ben preciso con tanta gente che si dava da fare, magari con meno comodità, ma con più convivialità, dove le persone sorrivevano di più ed erano sicuramente più felici di adesso. Mi piacerebbe che la gente torni a stare insieme per divertirsi, adesso mi sembra che tutti rincorrano i soldi e il successo e nient’altro. Detto questo poi mi piace molto l’arte della composizione di quel periodo, quella di compositori come Trovajoli, Morricone, Umiliani ed altri che era di altissimo livello e quindi mi é piaciuta l’idea di far conoscere ed ascoltare questa musica alle nuove generazioni. Perché é vero che musiche di successo ci sono anche oggi, ma sicuramente non sono all’altezza di questi autentici capolavori, le cui partiture venivano scritte interamente a mano, magari erano anche melodie semplici ma scritte benissimo.
Ci parli del tuo un legame molto forte con la Francia, dove hai anche vissuto, é stata una scelta di vita o un caso.
Anche in questo sono stato fortunato, arrivai in Francia che avevo 18 anni, avevo avuto la possibilità di incontrare e conoscere Jean Pierre Como che mi portò a Parigi e nel giro di tre giorni riuscì ad avere già dei contratti. Feci la prima serata in un jazz Club che si chiamava il Sunset, al concerto era presente il direttore dell’orchestra nazionale francese di jazz. Evidentemente rimase colpito e convinto dal mio modo di suonare, perchè mi offrì da subito la possibilità di aggregarmi a loro, offrendomi un contratto di tre anni ad un compenso decisamente più alto di quelli a cui ero abituato in Italia. Non sapevo una parola di francese, ma accettai immediatamente e da lì poi sono partito.