LYRA è il titolo del nuovo album di Elsa Martin e Stefano Battaglia. Cantante dalla voce preziosa, compositrice e improvvisatrice, Elsa Martin è stata protagonista di numerose esibizioni in Italia e all’estero. In questo album prosegue la collaborazione con il pianista Stefano Battaglia, iniziata nel 2016, che li ha portati ad approfondire la ricerca intorno alla poesia friulana del ‘900 (Pier Paolo Pasolini, Amedeo Giacomini, Federico Tavan, Luciano Morandini, Novella Cantarutti, Pierluigi Cappello, Maria Di Gleria). Insieme hanno registrato altri due album: Sfueâi (2019) e Al centro delle cose (2020).
Non nascondo che sono diventato un ammiratore della Martin dall’estate scorsa, avendo avuto il piacere di ascoltarla dal vivo grazie a una delle principali animatrici della vita musicale in Umbria (Claudia Fofi, di Gubbio) e al suo Festival (Umbria in Voce, a cui vi invito a partecipare). È quindi con piacere che ho accolto la proposta di scrivere una recensione sul suo ultimo lavoro, dedicato a Pier Paolo Pasolini. Pasolini è stato un intellettuale versatile: poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, attore e drammaturgo. Per anni al centro del dibattito culturale italiano, lo ritengo un autore importante se si voglia conoscere la cultura italiana del XX secolo, ma anche generalmente sopravvalutato ben oltre i suoi effettivi meriti artistici. Come regista lo ritengo uno dei grandi registi italiani, ma non lo potrei mettere tra gli imprescindibili (Uccellacci e uccellini non è 8½), come poeta idem(Le ceneri di Gramsci non sono gli Ossi di seppia), mentre come romanziere è probabilmente anche inferiore e come drammaturgo è semplicemente dimenticabile. Il problema principale della sua produzione è che è spesso didascalica, pedante e invecchiata male. Naturalmente non sto dicendo che sia tutta da buttare, andrebbe però separato il grano dall’oglio e non andrebbero prese per oro colato le sue opinioni.
Come detto sopra però, non è tutto da buttare (ci tengo ad esser chiaro). Per esempio, all’interno della produzione poetica pasoliniana, credo che le composizioni in friulano siano tra le più interessanti da conoscere. E proprio da queste partono Elsa Martin e Stefano Battaglia per l’album LYRA, compiendo un’operazione che apprezzo molto e che si potrebbe definire “identitaria”. In LYRA infatti c’è tanto Pasolini, l’album è quasi uno spaccato biografico, ma soprattutto c’è tanto Friuli. È un Friuli contadino, rurale, un Friuli che probabilmente oggi è quasi del tutto scomparso. Un Friuli vissuto da Pasolini e raccontato in friulano, ed è bello ascoltare questa lingua così simile e così diversa, così vicina e così distante dall’italiano. L’effetto finale è quello che potrebbe produrre la visione di una cartolina della Casarsa del secolo scorso.

Il viaggio musicale in questo Friuli del secolo passato si apre con Donzel (giovinetto) e continua con il componimento Casarsa. Il canto della Martin porta con sé l’eco lontano di madrigali cinquecenteschi, ma l’elegante accompagnamento del pianoforte ci conduce in un ambito musicale più vicino ai lieder di Schubert. Questo strano impasto crea una tensione drammatica e suggestiva. Soreli (sole) inizialmente dà libero sfogo ai brillanti giochi virtuosistici della Martin per poi riprendere il tono da recitar cantando dei primi brani, mentre il finale del brano, tra risate da bambina e singhiozzi, ricorda gli esperimenti vocali di Robert Wyatt su The end of an ear. Queste doppia anima del canto della Martin viene fusa in quello che è forse il brano più interessante dell’album: In forma di Rosa, che ricorda un po’ la musica vocale rinascimentale e un po’ Berio.
Per concludere: l’album mi è piaciuto e ve ne consiglio l’ascolto. L’omaggio a Pasolini è originale e meritevole di attenzione. Ma non solo: recuperate anche i lavori precedenti di Elsa Martin e Stefano Battaglia e se vi dovesse capitare, non lasciatevi sfuggire l’occasione di andarli a sentire dal vivo.
Giovanni Baleani