Nato in provincia di Modena (a Concordia sul Secchia), Maurizio Solieri é uno dei più grandi chitarristi italiani. Ha suonato per più di 30 anni con Vasco Rossi, affiancandolo dalle prime esibizioni nei piccoli locali, fino ai mega concerti ed al successo planetario. Ha firmato canzoni immortali come: C’è chi dice no, Lo show, Canzone, Dormi, dormi, Ridere di te; é stato uno dei componenti della Steve Rogers Band arrivando al successo con: “Alzati la gonna”. E’ uscita anche la II° edizione della sua biografia, aggiornata di due capitoli: Questa sera Rock’N’Roll – La mia vita tra un assolo e un sogno, scritta con il giornalista Massimo Poggini.
Più o meno alla fine di giugno, é uscito Resurrection il tuo nuovo album. Due brani erano già usciti prima, Tommy ad aprile e Rock’n’Roll Heaven a maggio, ci vuoi parlare un po’ di questo tuo ultimo lavoro?
L’album si chiama Resurrection ed é uscito il 22 giugno, sono 10 brani di cui 9 cantati e uno strumentale. E’ un disco dove si passa da pezzi molto rock, come Rock’n’Roll Heaven, a pezzi più teatrali come Tommy. Un lavoro basato su vari gusti musicali che ho ascoltato e dove mi sono formato e che ho adoperato per arrangiare i vari pezzi che compongono l’album.
Quando sei tornato dal servizio militare, tramite un tuo amico hai conosciuto Vasco Rossi. Lui aveva appena aperto una radio e tu hai iniziato a collaborare con lui in un programma che si chiamava: “Jazz Time”. Era un titolo così per dire o parlavate veramente di Jazz?
Era un programma di una mezz’ora, che conducevo io, dove si parlava veramente di Jazz perché a quei tempi mi stavo documentando su quel genere musicale, leggendo libri e ascoltando molta musica e quindi appena entrato nella radio, iniziai proprio con quel programma che si chiamava “Jazz Time”.
Quand’è che ti sei innamorato della chitarra, ti è piaciuta subito o magari avevi iniziato con qualche altro strumento?
Ha 8 o 9 anni sognavo di avere una chitarra, perché era il periodo dei Beatles, dei Rolling Stones, del Rock e del Blues e quindi era un strumento che desideravo ardentemente. Mia madre allora mi regalò una chitarra Naeco, che costava 8 mila lire, da lì è iniziato tutto
Se non sbaglio in famiglia ti volevano medico, una professione seria e rispettabile e soprattutto sicura. Tu invece hai scelto un lavoro avventuroso e sotto un certo aspetto rischioso, nel senso di precarietà. Adesso puoi dire che è stata la scelta giusta, ma non hai pensato di andare a vivere per così dire, alla giornata?
No assolutamente, dopo il liceo ho fatto tre anni di università, facoltà di medicina, ma non era assolutamente il mio mondo. Quindi decisi di andare militare, così intanto avrei deciso cosa fare, se magari cambiare facoltà oppure fare qualcos’altro. E’ successo invece che proprio durante la naja, tramite un amico comune, conobbi Vasco Rossi e così appena finito il servizio di leva, decisi di andare direttamente a Zocca a lavorare nella sua radio. Certo i primi stipendi erano molto bassi, comunque mi permettevano di pagare l’affitto e di vivere fuori casa. Poi piano piano è arrivato il successo e da lì è partito tutto.
La tua carriera è legata inevitabilmente a quella di Vasco. Siete partiti dai localini dell’Emilia Romagna, per arrivare ai megaconcerti e alla fama planetaria. In mezzo un viaggio e una storia meravigliosi, pieno di musica e successo. Quanto ha dato lui a te e quanto tu hai dato a lui
E’ stata una collaborazione molto fruttifera. Quando io l’ho conosciuto, proprio agli inizi, già scriveva qualche pezzo e denotava un modo molto singolare ed originale di scrivere, era già molto artistico nei testi e nelle canzoni che scriveva. Poi io ho portato il mio modo di suonare, la mia cultura del Rock and Roll e praticamente ci siamo fusi uno con l’altro, dando vita a grandi canzoni e grandi successi che sono dei classici ancora adesso.
La tua comunque è una vita pieni d’impegni, avevi fondato una band: la Steve Rogers Band con cui sei arrivato al successo con “Alzati la gonna”. Suoni parecchio con i tuoi amici musicisti e incidi album. In più è uscita la riedizione della tua biografia: “Questa sera rok’n’roll”, arricchita di qualche capitolo. Insomma non ti annoi
Sicuramente, anche perché voglio sempre tenermi impegnato, specialmente nell’ultimo periodo con il Covid. Poi nel cassetto ho sempre qualche pezzo e quindi, quando mi va, un disco lo faccio sempre. Poi faccio collaborazioni, suono con gli amici e soprattutto le serate, anche perché ho una certa carriera alle spalle, sono molto conosciuto e quindi mi chiamano spesso a suonare.
Tuo figlio Eric ha scelto di fare il musicista come te, anche se ti ha “tradito”, nel senso che suona la batteria. E’ una scelta definitiva o magari poi gli passa? Quanto ti rivedi in lui e che aspettative hai tu, nei suoi confronti?
No guarda a lui della chitarra non gli è mai importato niente e stato sempre portato per le percussioni, sin da bambino e quindi ha sempre suonato la batteria. Adesso ha 17 anni e naturalmente ancora va a scuola, ma quando posso lo porto con me per qualche serata e devo dire che tutti i miei colleghi musicisti, anche quelli di alto livello, dicono che è molto bravo. Per quanto riguarda le aspettative nei suoi confronti non saprei che dirti, primo perché è ancora molto giovane e quindi ha tutto il tempo davanti. Poi quando ho iniziato io erano tempi completamente diversi, c’era più amore per la cultura musicale, il pubblico era più curioso, la gente comperava i dischi, i giornali, leggeva i libri. Adesso è tutto cambiato, è diventato tutto molto più superficiale e si spera che il talento prima o poi ti porti da qualche parte
Siamo alla fine, che cosa ancora ti piacerebbe fare? Quali progetti hai?
I progetti attuali sono l’uscita e la promozione dell’album Resurrection e la riedizione della mia biografia: “Questa sera rok’n’roll”. Come progetti futuri mi piacerebbe fare un tour come si deve, con i miei pezzi musicali, cose che ho scritto io, e non solo perché ho suonato 30 anni con Vasco Rossi. Qualcosa già faccio, ma mi piacerebbe organizzare uno spettacolo tutto mio con tutto il mio repertorio, magari nei teatri che sono luoghi a me particolarmente cari.
Danilo Bazzucchi