Intervista al chitarrista e compositore romano, che da poco ha fatto uscire il suo ultimo album: Kallaama, che in un dialetto senegalese significa: “Linguaggio”.
Kallaama, uscito a settembre, è il tuo terzo album. Il primo “Chronos” è del 2006, mentre il secondo “Encuentro” del 2010. Posso chiederti perché tanto tempo tra un lavoro ed un altro?
Penso che si debba intraprendere la produzione di un album solo quando si senta l’esigenza forte di comunicare delle emozioni, quando si abbiano delle cose importanti da dire. Dopo l’uscita di “Encuentro” non ho attraversato una fase positiva per la mia ispirazione, anche a causa di alcune vicende personali. Ma dopo un periodo di ricerca interiore e di crescita personale, ho trovato la motivazione e l’energia giusta per intraprendere un nuovo e stimolante progetto.
Parliamo un po’ di te, quand’è che ti sei reso conto che la musica, e quindi fare il musicista, sarebbe diventato il tuo lavoro. E a che età hai iniziato a suonare o a studiare musica.
La Musica è stata sempre importante nella mia vita. Ho iniziato a suonare e studiare all’età di dodici anni, grazie ad un illuminato Professore di Scuola Media, che seppe trasmettere a molti di noi una fortissima passione per la materia. Ho poi proseguito gli studi musicali, parallelamente a studi di indirizzo scientifico, che mi hanno portato in seguito in un’altra direzione professionale.
Ma ad un certo punto la Musica è tornata con prepotenza nella mia vita, facendomi capire che, oltre a suonare e studiare ancora, avevo delle cose importanti da dire. Da qui la decisione di impostare un personale percorso artistico, che ad oggi si è concretizzato nella pubblicazione di tre album.
Kallaama è composto da 9 brani. A mio parere un album molto bello, raffinato, con brani curati fino nel più piccolo particolare. Un lavoro con un livello qualitativo molto alto. Non credi però, che ci sia il rischio che sia destinato solo ad un pubblico di nicchia?
A differenza dei lavori precedenti, quasi totalmente strumentali, “Kallaama” è un album con ben sei canzoni; il linguaggio musicale, grazie all’utilizzo della parola cantata, seppur in lingue diverse, dispone stavolta di una modalità più diretta per veicolare le emozioni al pubblico.
La ricerca di un sound curato nei dettagli è una scelta condivisa con il team di arrangiatori della label Delta-Top di Roma, anche nei due album precedenti. In un mondo musicale che tende a stereotipare e campionare le nuove produzioni, pensiamo che il valore aggiunto di una musica ben arrangiata, suonata e registrata sia un punto imprescindibile, nella speranza che il pubblico possa ancora oggi percepire la qualità di un prodotto ed il grande lavoro di produzione ivi messo in campo. Considerando il periodo attuale, ciò ci espone altresì al rischio di essere considerati un prodotto di “nicchia”.
A proposito di nicchia, cosa pensi del fatto che molti dicono e scrivono che il Jazz e in parte anche il blues, sia solo per persone di una certa età?
Penso che ciò non sia totalmente corretto, in quanto l’evoluzione recente del Jazz (ed anche del blues) è tale che i confini tra i generi musicali siano ora molto più sfumati rispetto al passato, grazie alla contaminazione e alla ricerca di alcuni artisti illuminati. E’ anche vero che la comprensione del Jazz più tradizionale non possa prescindere da una conoscenza profonda del suo linguaggio e della sua storia, tipici delle persone più mature. Ma ci sono molti giovani musicisti che si avvicinano con entusiasmo a questo mondo musicale, e questo può considerarsi un bellissimo segnale di speranza per il futuro.
Tornando a Kallaama, il primo brano “Madiba”, è dedicato a Nelson Mandela; “la Joie de Vivre” è ispirato al quadro di Picasso, poi c’è “A Greater Smile” dove ci sono le voci dei bambini registrate in Zambia, nell’Africa Sarda studio di Carla Cocco. Per finire in bellezza con “The Right Place”, dove c’è Javier Girotto con il suo sax soprano.
Ci spieghi come è nata l’idea di questo album?
L’idea originale è stata quella di creare un incontro tra la melodia chitarristica e la vocalità maschile e femminile, un percorso emozionale tra sentimenti condivisi dall’intera umanità. In un momento storico in cui la società globalizzata privilegia egoismo ed individualismo, ma anche preoccupanti forme di razzismo ed integralismo religioso, ho sentito l’esigenza di lanciare un personale messaggio di apertura e di dialogo tra persone.
“Kallaama”, nell’idioma Wolof del Senegal, significa “linguaggio”: quello universale della Musica, che viaggia oltre i confini, le tradizioni e le culture. La Musica è quindi una opportunità per entrare in contatto con altre realtà, di comprenderle e confrontarle con le nostre esperienze, in un clima di reciproco rispetto.
Vorrei che spiegassi anche in che modo hai scelto coloro che hanno partecipato all’album: da Carla Cocco a Kaw Sissoko, da Andrea Sanchini a Umberto Vitiello e tutti gli altri.
Ogni brano è un mondo a parte, nel quale l’autore/interprete si è calato completamente; posso dire che il criterio di scelta è stato quello di trovare l’artista più vicino alla vibrazione della traccia strumentale, comunque preesistente al testo che l’artista era chiamato a creare.
Ogni artista, in base alla sua sensibilità, al suo talento narrativo ed alle sue qualità di performer, ha quindi dato al “suo” brano caratteristiche uniche, forti dal punto di vista emozionale, sia nella fase di scrittura che in quella delle registrazioni in studio. Mi considero un artista molto fortunato, per essere riuscito a collaborare con Artisti provenienti da stili e culture differenti, ma tutti di grande livello professionale ed umano.
La scelta delle location per il videoclip, posti straordinari in Sardegna, è data dal fatto che Carla Cocco è sarda e canta il brano “Mari Mari Miu”, se non sbaglio, in lingua campidanese.
Il brano è un incontro tra la melodia mediterranea e la solare vocalità della lingua Sarda Campidanese: tradizione e innovazione si intrecciano in un caleidoscopio di emozioni, per raccontare, attraverso il suono e le immagini, un percorso che va dall’oscurità alla luce.
Il video è stato girato appunto nella zona del Sulcis, alla Grande Miniera di Serbariu (Carbonia), a Porto Flavia (Masua) e alla Laveria Lamarmora (Nebida). La cantante Carla Cocco è originaria proprio di Carbonia.
A riguardo del video, il Regista sardo Mario Giua Marassi ha dichiarato: “una trasposizione metaforica della sofferenza, in cui la miniera è il luogo dell’anima in pezzi, ma anche il luogo di ricerca in cui si ‘scava’ per ritrovare la via. Il binario è la via d’uscita, ma la sofferenza ci porta a indugiare; poi la scelta di riprendere a camminare e riequilibrare il proprio IO, riportarlo ai giorni felici, quelli dell’infanzia. Riportarlo nel ‘prima’. Uscire dal tunnel e tornare alla luce, nonostante tutto. Tornare al ‘mio mare’ quello di sempre, quello invocato – salvifico e purificatore – nel quale rinasco, come insegna l’antichissimo ‘Culto delle Acque’ della millenaria Sardegna”.
Siamo arrivati all’ultima domanda: progetti attuali e quelli futuri.
Vorrei proseguire nel mio lavoro di ricerca musicale e nello studio della chitarra jazz, alla quale mi sono avvicinato già da diversi anni; ma anche sviluppare alcune interessanti collaborazioni in veste di compositore e audio/video producer. Spero infine di avere maggiori opportunità di suonare dal vivo con i miei musicisti, sia in Italia che all’estero.
Mi considero una persona molto fortunata, come è chiunque ami profondamente una qualsiasi forma d’arte. Essere sensibili alla Bellezza e a tutto ciò che tocca il nostro profondo è una ricchezza ineguagliabile, un patrimonio che ci appartiene per sempre; ma ciò si sconta talvolta con una estrema sensibilità nei confronti della vita quotidiana, che scorre intorno a noi sempre più incurante delle esigenze del nostro mondo interiore.