“Il mio amore per il Brasile a che fare con le mie radici napoletane, loro hanno la saudade noi la appocundria, loro cantano Joao Gilberto noi Roberto Murolo”.
Joe Barbieri, napoletano, ha già sei album all’attivo, oltre a un cd registrato dal vivo al Parco della Musica di Roma e due dischi-tributo dedicati ai suoi numi tutelari nel jazz: Chet Baker e Billie Holiday. Dalla critica e dagli addetti ai lavori è stato definito: “un’affascinante anomalia. Un outsider che al di fuori del binario dell’industria si è saputo costruire un percorso personale, all’estero come in Italia; e che è riuscito nel raro esercizio di convogliare il genuino apprezzamento di colleghi, critica e pubblico”. L’abbiamo intervistato mentre sta per ripartire con il suo tour.
Ti dichiari perdutamente innamorato della musica brasiliana, mi piacerebbe sapere quanto c’è di vero e se magari dipende dal fatto che sei napoletano e fra questi due popoli ci sono molte affinità.
La musica brasiliana è stato un amore deflagrante, radicale, irreversibile. Si credo che in qualche modo abbia anche a che fare con le mie radici. La musica napoletana è il pregio di sapere coniugare melodica, armonia e ritmo; la stessa cosa avviene nella musica brasiliana. Loro hanno la saudade noi la appocundria, loro cantano João Gilberto noi Roberto Murolo. Lo sguardo da sud ci accomuna.
A proposito di Napoli, quando Maradona arrivò dal Barcellona tu avevi 11 anni. A quell’età tantissimi ragazzini si sono innamorati del calcio, come mai tu hai scelto la musica?
Mah non so quanto certe cose si scelgano. Credo piuttosto che esse si aggrappino a te e non ti diano tregua fino a che non diventano il centro della tua vita; per lo meno con la musica è stato così per me. Tuttavia io ero e sono innamorato del calcio, per cui ricordo perfettamente il giorno in cui fu annunciato il passaggio di Maradona al mio Napoli: ero in vacanza a Santa Marinella, una cittadina ad un’ora da Roma, ed un auto supera quella nella quale viaggiavo con la mia famiglia urlandoci la notizia. Poi negli anni successivi Maradona l’ho anche incontrato due o tre volte.
Guardando ciò che hai fatto fino adesso, si ha la sensazione che tu sia più conosciuto all’estero che in Italia. Naturalmente è una mia riflessione, ma c’è qualcosa di vero in questo o sono io che proprio sono fuori strada?
Non saprei dirti… il fatto di pubblicare anche all’estero certamente mi aiuta a raccontare fuori dai nostri confini cos’è la mia musica, e questo, devo dire, per me è molto importante. Ma l’Italia mi riserva comunque un affetto che è speciale e che non è secondo a quello posso trovare in Giappone o in Francia.
Nel nostro Paese inoltre è particolarmente bello poter suonare e dunque incontrare il pubblico, grazie ad un bouquet variegato ed appassionato di festival di musica, e di jazz club e teatri in inverno.
Del tuo ultimo album “Tratto da una storia vera”, cui prende il titolo anche il tour, dici che tra le altre cose ti ha dato la possibilità: “di smettere di essere nemico di te stesso”. Che cosa vuol dire di preciso?
Intendo dire che spesso siamo noi i primi sovversivi nei confronti di noi stessi e talvolta, nel corso del nostro percorso, tendiamo a sabotarci.
Personalmente, in gioventù, ci sono stati momenti in cui sono stato molto duro con l’artista e con il ragazzo che ero. Mi è stato chiaro sin dall’inizio che questo lavoro necessita di applicazione, cultura del sacrificio, studio, abnegazione… ed accettare che tutta questa montagna di dedizione possa non tradursi nel ricevere matematicamente altrettanto in cambio, necessità di un percorso di autoconoscenza, di autocoscienza e di accettazione che richiede tempo.
Quest’anno, 2022, festeggi trent’anni di carriera. Hai voglia di fare di fare un bilancio? Cos’è che non è andato e che vorresti rifare e quello di cui invece sei soddisfatto?
Come ti ho appena raccontato non c’è nulla che farei diversamente, nulla per il quale ho dei rimpianti. Alla fine sono un fatalista, quel che arriva è il giusto centro di quel che sei, di quel che hai dato, del tuo talento, dei tuoi difetti, delle tue incapacità. La cosa bella nella musica (e nella vita) è che puoi sempre riorientare la prua della tua barca e ripartire verso un nuovo orizzonte, quel che hai fatto fa certamente parte di quel che sei diventato ma non ti obbliga ad esserlo ancora, puoi cambiare. Io sono stato fortunato in tanti aspetti, ho conosciuto e lavorato con tanti artisti meravigliosi, cui ho voluto bene e che mi hanno voluto bene. Ho fatto la musica che volevo e con essa ho viaggiato a lungo. Sono i primi trent’anni di carriera, ma ce ne sono altri trenta ancora da scrivere.
Il tuo primo produttore è stato il grande Pino Daniele, nel tuo ultimo album c’è una sua canzone: “Lazzari felici”. Mi sembra di aver capito che non ne parli molto volentieri, ma ci puoi dire com’è stato il tuo rapporto con lui?
Chiarisco: ne parlo con difficoltà, perché il mio affetto e la mia devozione nei suoi confronti sono ancora vivissimi, ma ne parlo con piacere.
L’omaggio che ho voluto fargli in “Tratto Da Una Storia Vera” è figlio della gratitudine che c’è alle fondamenta di questo disco, in questo album infatti ho voluto dire grazie a tutto quel che ho ricevuto, e tra le cose più belle c’è sicuramente l’incoraggiamento di Pino a fare questo meraviglioso lavoro. Lui ha prodotto i miei primi dischi, e mi ha insegnato a farlo con onestà intellettuale ed impegno. Non basterà certo una cover in un disco a sdebitarmi, ma è un modo per tenerlo ancora vicino a me.
Siamo alla fine dell’intervista, so che stai lavorando ad un disco/album che dovrebbe uscire quest’anno, si può avere qualche notizia in anteprima? E oltre questo quali altri progetti hai per il tuo futuro?
Abbiamo registrato a Bari un concerto estremamente caldo… ho sentito le registrazioni e devo dire che sono molto emozionanti… ci tenevo per festeggiare questi trent’anni di strada ad avere un documento “vivo” che fosse come una foto di gruppo nella quale potessero rientrare la gente (ovvero la mia più grande ricchezza, ciò che mi spinge a migliorare e ad inventare nuova musica), le mie canzoni di una vita, i miei straordinari musicisti… l’album uscirà quest’anno, anche se non so ancora quando.
Poi mi piacerebbe scrivere musica strumentale e dedicarmi ad un progetto sinfonico. Vedremo.
Danilo Bazzucchi