Nativa di Bari e statunitense d’adozione dal 1996, Giuseppina Ciarla è una musicista di formazione classica, a cui piace spaziare fra svariati generi musicali, dal jazz alla world music, fino al pop più raffinato. Per essersi distinta come “Prima Arpa” dell’Opera di Sarasota in Florida, ruolo che ricopre dal 2002, le viene conferito (nel 2017) il prestigioso “Gunther & Ilse Kern Grant for Outstanding Opera Artist”. Ha colaborato con illustri direttori d’orchestra come Lorin Maazel, Yannick Nézet-Séguin, Victor DeRenzi, Daniel Oren, John Neschling, Stefan Anton Reck, Roberto Abbado, Larry Rachleff, solo per citarne alcuni, e con artisti del calibro di Terry Riley, Nanni Moretti, Antony Hegarty, Daniel Binelli, Anthony Braxton, Carol Wincenc, Tara Helen O’Connor, Benny Kim, Eddie Daniels, Marc Neikrug.
Partiamo da una curiosità mia personale: come mai come ha scelto l’arpa, uno strumento sicuramente importante ed anche molto bello, ma non molto usuale?
Posso dire, in tutta franchezza, che è stata l’arpa a scegliere me. Grazie a un professore di musica alle scuole medie che segnalò il mio nome al conservatorio di Campobasso, i miei genitori ricevettero una lettera di invito per presentarmi all’esame di ammissione in conservatorio. Durante l’esame gli insegnanti mi dirottarono sull’arpa. Lo strumento che avrei voluto suonare era il flauto. Ma una volta al cospetto dell’arpa ne rimasi talmente affascinata che fu amore a prima vista.
Ha appena detto che ha studiato al conservatorio di Campobasso. Ci racconta come mai si è avvicinata alla musica e qual è stato il suo percorso? Tra l’altro credo che in famiglia ci siano altri musicisti. Può parlarci anche di loro?
Con piacere! Fin da piccola i miei genitori hanno esposto me e miei fratelli a vari generi di musica: da Bach a Jobim, passando per la canzone napoletana, l’Opera e la musica sinfonica. Ritengo questa una delle grandi fortune della mia vita. Mio fratello Luca, violinista jazz di fama mondiale, come me ha intrapreso il lungo e affascinante percorso della musica classica per poi dedicarsi in primo luogo alla sua passione per la composizione e alla ricerca nel campo del jazz e della world music. Credo che l’amore che ci accomuna per la musica senza frontiere sia il retaggio della nostra educazione musicale, grazie alla guida esperta e lungimirante dei nostri genitori. In particolare mio padre che suona la chitarra classica da autodidatta, oltre a essere un raffinato ascoltatore.
Poi, a un certo punto, la decisione di andare in America. Cosa l’ha spinta? È stato un caso o una scelta motivata e ponderata?
Anche questo evento che ha cambiato la mia vita totalmente è stato frutto del caso. La mia curiosità mi spinse nel 1996 a recarmi negli Stati Uniti per partecipare ad un festival di arpa jazz e pop indetto dalla Lyon and Healy che, insieme alla Salvi, è la più rinomata e prestigiosa compagnia costruttrice di arpe nel mondo. Durante questo festival che si tenne a Tucson, in Arizona, incontrai Carrol McLaughlin, arpista di fama internazionale purtroppo recentemente scomparsa, che mi invitò a studiare con lei tramite una borsa di studio. Fu un evento assolutamente inaspettato, in quanto io avevo già terminato i miei studi in conservatorio ed ero già attiva professionalmente. La curiosità di sperimentare luoghi nuovi, e il privilegio di continuare i miei studi e laurearmi in arpa, furono una spinta sufficiente a convincermi di cambiare vita. Certo, non avrei mai immaginato che la mia vita sarebbe cambiata così tanto, ma ricordo il coraggio che mi costò lasciare l’Italia da sola, ma sorretta dal mio innato spirito di avventura.
Di sicuro non è scaramantica, una delle due date dei concerti in Italia, quella di Roma all’Officina Pasolini, era di venerdì 17 (settembre). Come mai solo due date?
Ben quattro dei miei familiari sono nati il giorno 17: mio padre, mia madre, mio fratello e mio nipote. Io sono nata il 28, ma se si sottrae uno ad entrambi i numeri si ottiene un altro 17! A casa mia lo consideriamo un numero fortunato. Per me è stato un grande onore esibirmi all’Officina e sono tanto grata a Tosca Donati, un’artista meravigliosa che io amo e ammiro, per avermi invitata, in qualità di direttore artistico, a presentare il mio disco da lei. I miei impegni di lavoro con la musica classica mi hanno impedito di prolungare la mia permanenza in Italia, troppo breve per consentirmi di organizzare altre date. Conto di organizzare un tour ben più sostanzioso la prossima estate.
Ho ascoltato i brani di “A Ticket Home”, sono nove cover con nuovi arrangiamenti e due brani inediti, scritti e musicati da lei. Un album molto bello e raffinato, ascoltandolo si ha l’idea che l’autore, e quindi lei, vuole arrivare alla perfezione sia nelle note che nei testi.
La ricerca della perfezione è la mia croce e delizia. Dovessi enumerare uno dei miei difetti e uno dei miei pregi la annovererei in entrambe le categorie. Il mio iter creativo nell’affrontare i miei arrangiamenti parte da una benevola ossessione per il brano prescelto. Non ho pace fino a quando non lo faccio talmente mio da cambiarne i connotati. Rimugino sul testo per trovarne i contenuti più significativi e creo una storia nella storia, con l’aggiunta di armonie che spesso il testo stesso mi suggerisce. Non otterrò mai la perfezione, ma non è questa la meta che mi prefiggo, bensì il desiderio di impreziosire ogni cosa che faccio con dedizione e totale abbandono è il motore della mia vita.
Quali sono i suoi impegni in America, ci può parlare della sua vita, del suo lavoro e anche dei premi prestigiosi che le sono stati attribuiti?
Oltre ai miei impegni con L’Opera di Sarasota, collaboro regolarmente come prima arpa anche con la Sarasota Orchestra. Mi dedico anche all’insegnamento dell’arpa privatamente, attività che svolgo con grande passione. Inoltre collaboro con tutte le principali organizzazioni musicali di Sarasota e della South West Florida. Le mie giornate sono scandite dallo studio, prove, concerti e insegnamento. Una vita in cui non c’è molto spazio per gli svaghi e, ahimè, per i miei progetti creativi. Se non avessi avuto la pausa forzata dal lavoro che il covid ha costretto tutti a prendere, non avrei mai avuto il tempo di realizzare il mio disco A Ticket Home. I premi fanno piacere e aumentano il peso specifico del curriculum artistico, ma le confesso che i premi più belli e soddisfacenti sono quelli che il pubblico ci regala quando abbiamo la certezza di aver toccato qualcuno nel profondo. Oppure le tante volte che si percepiscono l’ammirazione e stima da parte dei colleghi. Recentemente il mio disco è stato iscritto per un possibile nomination ai grammies. È stata una grande soddisfazione per me essere ammessa ad un concorso così prestigioso col mio CD A Ticket Home, un album interamente autoprodotto. Con i due brani strumentali del disco mi sono classificata come finalista del concorso Piazzolla.
È appena uscita proprio con l’album “A Ticket Home”, quindi immagino che adesso il suo progetto attuale sarà promuoverlo. Dunque, ci può dire qualcosa riguardo i suoi progetti futuri?
Se avessi il tempo di dedicarmi solo ai miei progetti artistici sarei una fucina in piena attività, di continuo. Ho progetti creativi in quantità considerevole che mi fanno scalpitare per realizzarli. Ne cito solo alcuni: un disco dedicato alla musica brasiliana, uno alla musica napoletana, uno alla musica barocca e tante collaborazioni e concerti con musicisti e artisti di tutto il mondo. Mi sento sempre divisa tra i miei impegni di musicista classica che mi regalano grandi soddisfazioni, ma che per propria natura non lasciano spazio alla mia esuberante creatività. Vorrei poter vivere quasi esclusivamente di quest’ultima, avendo il privilegio di potermi esprimere appieno. Il mio progetto futuro è trovare un modo per realizzare questo sogno. Forse un ennesimo cambiamento di vita per abbracciare in toto la mia vena creativa, a cui mi piacerebbe giurare eterna fedeltà.