Ciò che i due musicisti riescono a cogliere in primis è proprio l’università del cantautore napoletano, dipanandone la complessità ed i residui di territorialità legati all’idioma partenopeo, attraverso la reinvenzione e l’ampliamento creativo di un costrutto melodico facilmente fruibile ed arricchito di inediti cromatismi. La musica e le canzoni di Pino Daniele sono creazioni espanse e dilatabili, tanto da costituire un valido songbook alternativo agli standard al blocco di appunti del jazz tradizionali o a certi evergreen di derivazione afro-americana. Pino Daniele e la Napoli che lo circondava sono stati costantemente un ponte tra l’Europa e America ed un raccordo fra i suoni e ritmi dell’Africa, del Mediterraneo, dell’Oriente e del Sud del mondo.

Nelle complesse armonie di Pino Daniele ci sono il blues, il soul, il jazz, e le istanze di quel terzo mondo musicale che fa del microcosmo partenopeo un perfetta enclave sonora e culturale, tanto che una rilettura delle sue composizioni diventa un fenomeno non necessariamente circoscrivibile a Napoli, ma assume una valenza internazionale.

«Il Cielo è Pieno di Stelle», l’omaggio di Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello alle musiche di Pino Daniele, edito da Warner Music, diventa una suggestiva rimodulazione di un habit sonoro dai tratti somatici universali e decifrabili in qualunque latitudine. Ciò che Bosso e Mazzariello riescono a cogliere in primis è proprio l’università del cantautore napoletano, dipanandone la complessità ed i residui di territorialità, legati all’idioma partenopeo, attraverso la reinvenzione e l’ampliamento creativo di un costrutto melodico facilmente fruibile ed arricchito di inediti cromatismi: la tromba «canta» con un linguaggio e un fraseggio facilmente decifrabile ed intellegibile in ogni angolo del Pianeta, oltrepassando i limiti astringenti del vernacolo.

La musica e la poetica di Pino Daniele“, afferma Fabrizio Bosso;“hanno influenzato generazioni di musicisti, me compreso. Nelle sue melodie non c’è mai una nota fuori posto e non c’è solo il blues, il rock o il funk ma anche tantissimo jazz. Tutti abbiamo cantato Pino Daniele nella nostra vita“. Lo stesso Mazzariello ne ha sempre subito il fascino: “Ero appena arrivato in Italia dall’Inghilterra, con la mia famiglia, a Cava de’ Tirreni, e ho sentito da casa mia la città che cantava. Era il concerto di Pino Daniele allo stadio, quello del ’95 con Pat Metheny“.

L’opener, «Je So’ Pazzo», pur senza l’ausilio didascalico del testo, che all’epoca denunciava il disagio di una città stritolata fra gli abusi e i soprusi, diventa un corrosivo e perforante jazz-blues dal sapore vagamente retrò, in cui la tromba di Bosso, sostenuto dal martellante incedere di Mazzariello, riesce a rapprendere tutta la rabbia e l’inquietudine di un popolo, ironia, flemma e rassegnazione compresa. «Allora sì», musicalmente ripartita in maniera equa ed alternata fra i due sodali, diventa quasi un affresco paesaggistico e descrittivo.

«Quando», declamata in maniera fortemente lirica alla medesima stregua di una ballata brunita e crepuscolare, riporta a livello del mare tutta la poetica soulful di Pino Daniele; per contro «Sicily» assume tutti i contrafforti di una danza mediterranea con finalità apotropaiche, dipingendo, oltremodo, i tratti di una qualunque terra del Sud del mondo con i suoi volti marcati, i suoi colori accesi e i suoi atavici conflitti. Il mesh-up fra «Mal di te/Napule è» fa balzare verso l’esterno ancora una le capacità compositive del Pino Daniele balladeer, ma soprattutto l’abilità di Bosso e Mazzariello di trasportare quel corredo melodico-armonico sulle ali di una musicalità ammaliante che unisce leggerezza e tormento con un’intensità da brivido arricchendola di nuove timbriche, in cui Bosso supera se stesso.

Fabrizio Bosso © Roberto Cifarelli

«Sotto ‘o sole», motivo originariamente fitto di sottintesi, in questa rilettura possiede qualcosa di esotico e latineggiante, una sorta di tarantella web 4.0 riproposta con quel disincanto tipico della filosofia di Pino Daniele, per cui il sole ed il mare non bastavano e non dovrebbero mai bastare al suo popolo, insieme ad una ritti di luoghi comuni tra spaghetti, pizze e mandolini: quindi il suggestivo affondo di «Anima», ideale per la narrazione di Bosso e l’incursione pianistica di Mazzariello. Presto il tandem riaffiora in superficie con una reinvenzione quasi bop di «A me me piace ‘o blues», segnata da un piano monkish che batte soprattutto sul registro basso divorando le note e la tromba che va spesso in overclocking alla Dizzy.

«Anna verrà» esalta ulteriormente la genetica molecolare di tipo romantico del cantautore partenopeo, puntualmente locupletato dalla perfetta intesa fra piano e tromba che sembrano farsi promesse per l’eternità. In chiusura, un’accorata versione dal vivo di «Se mi vuoi (Encore Live Maxxi Roma)» con tanto di pubblico pagante che intona il testo della canzone. «Il Cielo è Pieno di Stelle», il tributo di Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello,  costruisce un’inedita cornice intono alle composizioni di Pino Daniele, trascinandone la scia luminosa fra le stelle del jazz, ma ne conferma al contempo un’immarcescibile attualità ed università idiomatica.