Chitarrista, autore e compositore, ha suonato live in tutta Italia ed all’estero, tra cui 5 tour e due dischi incisi negli Stati Uniti. Ha inoltre collaborato con un numero considerevole di artisti, tra cui Jovanotti nel Jova Beach Party del 2019, e il pianista e compositore Nicola Piovani, premio Oscar per le musiche del film La vita è bella. Aldo Betto ha registrato un disco, con le sue chitarre, nel secondo album di Mina Celentano. Attualmente, in gruppo, suona con i Savana Funk.
Allora Aldo, tu sei nato a Vittorio Veneto, terra di grandi battaglie, di vini, di grappe e di calciatori. Come mai hai scelto di fare il musicista? Magari hai provato a fare qualcos’altro oppure volevi fare solo questo mestiere?
Ciao! Ho un diploma da ragioniere, sfruttato 12 giorni, giusto per verificare dopo la Maturità che non era quella la mia strada. Mio padre ha venduto giornali in un’edicola per quarant’anni, da ragazzo gli davo una mano, per il resto ho sempre suonato molto, già dai miei 16/17 anni. Da adolescente mi divertivo da matti con la chitarra, in poco tempo divenne anche un lavoro. Più che una scelta conscia è stata una concatenazione di eventi a portarmi su questa strada.
Ti ricordi quando hai fatto il primo concerto e ti sei esibito in pubblico, e le sensazioni che hai provato?
Certo che me lo ricordo. I primissimi live furono in contesti scolastici, facevo le medie. Saranno trent’anni tondi da allora nel 2022. Ero con i miei amici sul palco, suonavo ed ero felice, sono sempre stato bene con la chitarra tra le mani. Ora come allora.
Suoni solamente la chitarra o anche altri strumenti? Hai fatto degli studi musicali, ho hai imparato a suonare da solo?
Oltre alla chitarra mi diverto a suonare il basso, senza pretese, ma è uno strumento che adoro, il collante della band, fa groove. Qualche accordo sul piano lo so fare, ma suonare è altra cosa. Ho fatto studi classici da bambino, ho iniziato a 9 anni e finito a 13, dopo aver conseguito la licenza di Teoria e Solfeggio. Ho preso qualche lezione di chitarra moderna durante il periodo delle superiori. Poi nel 2000 mi sono iscritto al Music Academy di Bologna, che mi ha dato una buona preparazione. Per il resto ho sempre fatto molto moltissimo live, la vera scuola è stata on the road, e poi rubando trucchetti del mestiere e idee ai colleghi, durante le jam, oppure andando a vedere gli altri suonare e sempre ascoltando tonnellate di musica di ogni tipo.
Hai fondato e suonato con molte band (l’ultima sono i Savana Funk), collaborato con molti artisti, tra cui un lavoro su un disco di Mina e Celentano. Raccontaci qualcosa sul tuo percorso musicale.
Mi è sempre piaciuto il concetto di band, di famiglia. La mia prima band significativa furono i Jalum, avevo circa 16 anni, facevamo rock in italiano, brani scritti da noi e qualche cover rivisitata. Poi ne ho avute diverse altre nel tempo: Black Night, Magnolia, Quartetto Desueto, Kintsugi, Small Paradise, fino ad arrivare ai Savana Funk, che ho fondato nel 2015 insieme a Blake Franchetto e a Youssef Ait Bouazza. Ho avuto anche la fortuna di suonare con e per altri artisti, live o su disco. Sicuramente registrare per Mina e Celentano un singolo del loro secondo album è stato incredibile. Sentire le mie chitarre sotto quelle voci mi mette i brividi ogni volta. Ho inoltre avuto il privilegio di accompagnare il maestro Piovani in diretta TV.
Tra le tante collaborazioni segnalo il disco acustico con Marco Bovi, quella con Brendan Gallagher autore, polistrumentista e cantante australiano, con il quale ho inciso anche un album nel 2018 e ad ottobre 2022 ne faremo un altro insieme. Sono stato chiamato per accompagnare live quando è venuto in Italia Jason Mraz, l’autore della hit mondiale “I’m yours”. Ho registrato per Federico Stragà, ho accompagnato live in molti festival due cantanti eccezionali come Lisa Manara e Sara Zaccarelli. Nel 2022 uscirà un album del cantautore Nicolò Carnesi, nel quale ho suonato quasi tutti i pezzi. E poi tante altre esperienze, piccole e grandi, live e in studio, qui in Italia o all’ estero. Ho avuto la fortuna di suonare con tantissimi artisti eccezionali: Patrizia Laquidara, Curtis Folwkes, James Thompson, Massimo Bubola, Tolo Marton, Raphael Wressnig, Donavon Frankenreiter, Pippo Guarnera, …Finisco citando l’esperienza live ai Jova Beach Party del 2019, dove jammavamo senza rete sul palco con Lorenzo Jovanotti in mezzo ad un mare di gente. Una cosa indimenticabile.
Come mai la decisione di trasferirti a Bologna, forse perché ha una lunga tradizione musicale, con un folto gruppo di grandi musicisti o altro?
Ci avevo studiato nei primi del 2000; nel 2006, appena rientrato dagli States, l’istituto dove conseguii il diploma musicale mi chiamò ad insegnare. Presi la palla al balzo, mi sono trasferito qui e non me ne sono più andato.
Hai una figlia piccola, ti piacerebbe se un giorno ti dicesse: “voglio fare anch’io la musicista”, o preferiresti che facesse qualcos’altro?
Non saprei ancora, è piccina, ha una vita davanti e troverà la sua strada. Nel frattempo le faccio ascoltare musica, le racconto le storie dei grandi artisti chiamandoli zii, lo zio Frank, lo zio James, lo zio Eric, lo zio Bob, e così via, per farglieli sentire vicini, come di famiglia.
E in America come è andata, negli States hai fatto lunghe tournée. Raccontaci qualcosa delle tue esperienze
Nel 2003 conobbi in un minuscolo locale della provincia veneta, vedi te i casi della vita, un percussionista newyorkese. Mi invitò da lui a suonare l’anno successivo: fu un’esperienza incredibile, 120 concerti in tutta l’East Coast, da Key West a Long Island. Ho imparato tantissimo, suonato con musicisti da tutto il mondo, mi sono aperto ad altri stili musicali, ho iniziato ad assorbire i ritmi africani e quelli caraibici, soprattutto. Poi negli States ci sono tornato diverse altre volte a suonare e anche ad incidere, una seconda volta sempre a New York, poi alle Isole Hawaii. Ci vorrebbe un libro per raccontare tutte le esperienze accumulate oltre oceano. La musica che ho suonato, quella che ho ascoltato, i musicisti che ho conosciuto. Senza girarci attorno, è stata l’esperienza più importante della mia vita.
Ho adorato l’amore e il rispetto che gli americani hanno per la musica e per i musicisti. Un piccolo aneddoto: un giorno ad un concerto a Long Island era presente tra gli altri un signore anziano, dai modi eleganti, diafano. Durante la pausa mi si avvicina con garbo, mi fa qualche complimento e qualche osservazione su cosa stavo suonando, passeggiando inizia a parlare di musica, dei suoi vecchi tempi con Buddy e Elvin, della sua visione musicale e di come bisogna slegarsi dalle note e pensarle come se fossero colori, accostandole per contrasti cromatici; poi mi benedice, letteralmente, con una sorta di segno della croce, augurandomi una luminosa carriera, era Don Menza, grandissimo sassofonista jazz dalla band di Buddy Rich, ho sempre portato quella passeggiata nel cuore..
Durante il lockdown, molti artisti hanno approfittato per scrivere musiche e canzoni, altri sono andati in depressione, qualcuno si è inventato dirette su Facebook per non perdere contatto con i propri fans. Tu come lo hai trascorso?
Non ci giro attorno, non molto bene. E’ stato molto complicato vedere la vita rivoluzionata da un giorno all’altro, i tanti progetti sospesi. Le entrate azzerate. Detto ciò, quando mi è stato chiesto ho fatto anch’io qualche diretta, per distrarre chi stava a casa da questo clima cupo. Non sono stato produttivo come al solito, stare chiuso in casa da solo non ha aiutato molto la mia creatività, io ho bisogno di stimoli, anche se una manciata di pezzi sono riuscito comunque a scriverli. Invece con Youssef e Blake dei Savana Funk, in saletta insieme, abbiamo messo giù un sacco di musica nuova. Che infatti a gennaio andiamo a registrare.
Siamo alla fine dell’intervista, quali sono i tuoi progetti attuali e soprattutto quelli futuri?
Spero di poter riprendere quanto prima una regolare attività live con la mia band. Intanto a gennaio, appunto, registriamo il nostro quinto lavoro con i Savana Funk. Ho in cantiere un disco di chitarra sola, sto mettendo giù i brani. Il disco con Brendan Gallagher da registrare il prossimo autunno. La nottata non è ancora del tutto passata, ma sono sicuro che arriverà di nuovo il momento in cui gli artisti ritroveranno spazio e torneranno ad occupare il loro ruolo sociale.
Danilo Bazzucchi