Saul Beretta é un inventore musicale, direttore creativo di Musicamorfosi, autore di testi e musica, produttore artistico e autore radiofonico. Si definisce anche promotore e agitatore di insolite iniziative musicali. Diplomato in pianoforte con il massimo dei voti e la lode al Conservatorio di Perugia e laureato in Scienze Politiche con il massimo dei voti con una tesi poi pubblicata da Auditorium dedicata a “Imprenditoria sociale e sperimentazione musicale”. Nel 1998 s’inventa Musicamorfosi, diventata poi un’associazione musicale e culturale autonoma nel 2004.
I suoi creativi progetti musicali sono stati commissionati o ospitati dai più importanti teatri italiani: Regio Torino, Regio Parma, Teatro Grande Brescia, Politeama Palermo, Parco della Musica di Roma, Centre Pompidou di Parigi e LAC Lugano tra gli altri. Ha collaborato con radio e programmi tv come autore e consulente musicale.
Ha collaborato con Società del Quartetto di Milano e Vicenza, l’Orchestra Giuseppe Verdi, il festival Milano Musica, Music Fund e il Teatro Alla Scala. E’ direttore artistico di svariati festival: “Lampi” dal 2003 al 2014, “Notturni” dal 2004, Suoni Mobili dal 2010 e Monza Visionaria dal 2013, “Milano, La Città che sale” dal 2016 e “Alte Marche Festival” dal 2018. Collabora dal 2017 con il LAC di Lugano per progetti speciali di jazz e world music e con il Festival Internazionale di Stresa dal 2019. E’ direttore artistico del Tremezzina Music Festival dal 2021 e del nuovo Il Rito del Jazz in Cascina Cuccagna a Milano.
Ambisce un giorno, di poter giocare a scacchi con John Cage.
Parliamo di Musicamorfosi, come é nata, quale é il tuo ruolo e per quali obiettivi é stata creata
E’ nata alla fine degli anni’90 come ensemble di musica contemporanea, con l’idea di portare musica dove non arrivava, di raccontare la bellezza e il piacere di suonare e di esplorare i repertori del contemporaneo. Poi negli anni si é trasformata, abbiamo iniziato dalla Petitosa, un Circolo ricreativo per anziani curato da Natur&-onlus facendo musica contemporanea e abbinandola a gustosi pranzi, poi sono partiti i laboratori per l’infanzia grazie a un bando vinto di Fondazione CARIPLO, poi abbiamo iniziato un’avventura al Teatrino di Corte di Villa Reale, dove la musica era sempre al centro, senza barriere e veniva mescolata con il jazz, la parola, la musica d’autore. In quegli anni abbiamo avuto accanto e a fianco artisti del calibro di Mario Brunello, Stefano Bollani, Bobo Rondelli GianMaria Testa.
Musicamorfosi si é trasformata negli anni creando varie e nuove stagioni musicali, con un pubblico trasversale.
Dal 2003 la stagione LAMPI al Teatrino della Villa Reale, poi il salto nei numeri ce lo fa fare il format “Notturni al Roseto” che subito catalizza l’interesse e la partecipazione di migliaia di persone: parliamo di 1500/2000 persone per sera, mescolando divertimento sorpresa, ricerca e un format capace di stuzzicare pubblici diversi contemporaneamente. Il format di Notturni è madre poi del festival “Suoni Mobili”, che continua la missione di abbinare scoperta del territorio e scoperta culturale tour court con un format che porta piccoli concerti “site specific” in un territorio molto vasto come la Brianza monzese e lecchese. L’offerta musicale esce dal teatro, dai luoghi tradizionali e arriva in una formula nuova e avvincente sotto casa di tantissime persone che diventano il nostro sempre più vasto uditorio. Musicamorfosi muove una community nel mondo reale anche se sempre grande è stata l’attenzione per il mondo virtuale: la nostra newsletter conta più di 10mila persone, nei vari canali social abbiamo oltre 30.000 follower e anche dopo la pandemia non abbiamo smesso di mescolare reale e virtuale come testimonia la piccola rassegna di concerti on line che parte il 13 marzo con un live (registrato lo scorso anno) di Amaro Freitas, seguirà il concerto di Marco Mezquida e poi il solo di Andrina Bollinger, piano chitarra elettrica e voce. Tre giovani eccezionali che sono parte di un’attività sempre più fitta di scouting italiano e internazionale che il nostro pubblico gradisce testimoniando con una grande partecipazione tutti i concerti, anche quelli con gli artisti meno conosciuti o giovani. Questo è uno spazio prezioso e una fiducia che coltiviamo con molta consapevolezza.
E’ stata sicuramente molto bella e singolare, l’iniziativa del Natale appena trascorso “Buone feste da tutte le latitudini”
La musica deve e può arrivare a tutti, e quando arriva cambia la percezione dei luoghi, delle piazze e delle vie. E’ questa l’idea base nata durante il COVID del “Magic Bus”: un double decker, un bus a due piani dove il secondo piano, che é scoperto, non ha sedie ma é allestito come un grande palco viaggiante. Un’idea che ci ha emozionato pensare e realizzare e con la quale abbiamo percorso le vie e incontrato casualmente o attesi, migliaia di persone: a Monza dove è nata e sperimentata nel 2020, 2021 e 2022 e poi a Milano e recentemente anche a Torino prima di tornare a Natale per la prima volta in sessione invernale/natalizia nel Municipio 8.
Tu suoni il pianoforte, in che modo ti sei avvicinato alla musica, viene da una famiglia di musicisti e sei stato in un qualche modo indirizzato o é stata una tua scelta autonoma?
Avevamo uno zio veneziano che ci portava i Notturni di Chopin della Selezione del Real Digest, i miei genitori si sono appassionati alla musica con lui. In casa c’era un pianoforte, le mie sorelle suonavano tutt’e due e io volevo suonare con loro. I miei genitori mi mandarono a lezione di pianoforte dal maestro Stefanoni, ed é stato grazie a lui che mi sono appassionato a questo strumento, ho fatto il conservatorio, dove mi sono diplomato a 20 anni e poi mi sono laureato con una tesi sulla sociologia della musica dedicata a John Cage, che è da allora il mio punto di riferimento musicale e sociale. Credo insieme a John Cage che la musica sia un’arte sociale, un potente strumento di modificazione e trasformazione del mondo. Musicamorfosi e la mia attività così border line nascono da questa scommessa: togliere la musica e musicisti dal confino delle sale da concerto per portare un cambiamento nelle vite delle persone. Possiamo farlo, l’arte non è un dopo lavoro, l’arte del XXI secolo nelle nostre società evolute deve essere uno strumento di cambiamento delle coscienze collettive e individuali.
Parliamo adesso della Cascina Cuccagna, come si può definire, un nuovo Jazz Club o altro
E’ stato chiamato con molta ambizione Cuccagna Jazz Club, e gravita nel cuore della Cascina che é un luogo generativo di cambiamento nel cuore della città di Milano, a Porta Romana. C’è un ristorante, un orto, una libreria, un ostello, un mercato dai sapori biologici, una memoria storica di un passato recente eppure cosi lontano. Il progetto musicale de Il rito del jazz nasce da una esigenza culturale. Il martedì un locale del ristorante diventa il Cuccagna Jazz Club, c’è un piccolo palco fisso e un doppio set alle 19.30 e alle 21.30 e in mezzo ai due set artisti e pubblico possono se vogliono cenare, ma l’ingresso ovvero il concerto è sempre a ingresso libero. La musica è offerta alla città non solo a chi consuma e nessuno è obbligato a consumare.
Per costruire un jazz club da zero ci vuole pazienza. I programmi sono mensili e offrono una sorta di residenzialità a gruppi o leader di gruppi che possono cimentarsi per più appuntamenti (3/4) di fronte a un pubblico che devono e possono conquistare. Il format è quindi un laboratorio non solo per gli artisti che presentano la loro idea di jazz (old style, classico, contemporaneo) ma anche per il pubblico, per gli operatori del ristorante. Possiamo far crescere tante idee di jazz e affinare nella pazienza dell’ascolto, giorno dopo giorno set dopo set di un gusto. Un gusto che è quello di godere della musica dal vivo, non come tappezzeria ma come ingrediente principale di una serata piacevole e costruttiva. Il rito è un processo comunitario. Il Jazz è tante cose, tra queste può essere anche divertimento e generare occasioni di crescita culturale e sviluppo di comunità. Come diceva John Cage mi interessa la musica che ci permette di abitare il mondo. E’ un mondo un pò arido a volte. Let’s play jazz! Tireremo le somme a fine 2023 dopo oltre un anno di concerti…
Fra i tanti musicisti e gruppi jazz che sono stati ospiti delle varie iniziative che ci hai raccontato, ce qualcuno che ti ha colpito e pensi che possa emergere dal gruppo dei tanti
Fare dei nomi cosi è sempre difficile. Ho visto esplodere velocemente alcuni giovani come il brasiliano Amaro Freitas il minorchino Marco Mezquida due talenti assoluti del pianoforte jazz contemporaneo. Massimiliano Milesi ad esempio in Cuccagna è di casa e è un genio assoluto e lavoriamo insieme dal 2010 grazie a quel mentore e musicista eccezionale che è Giovanni Falzone che è il musicista che ha condotto Musicamorfosi nei territori del jazz quando lui stesso usciva dall’esperienza classico sinfonica dell’Orchestra Verdi per avventurarsi nelle praterie libere degli accordi diminuiti … La scena svizzera mi stupisce sempre e quella catalana testimonia una ricchezza straordinaria. Per far crescere talenti dobbiamo dare loro più occasioni di cimentarsi e di girare il mondo e le orecchie di tanti pubblici.
Siamo all’ultima domanda, programmi da fare e idee ne hai tante e qualcuna l’hai già detta, ma c’é qualcosa che ti piacerebbe veramente fare, diciamo il classico sogno nel cassetto
Non voglio invecchiare con le stesse idee. Mi piacerebbe che la morfosi che abbiamo nel nome non smetta di decomporsi e generare un cambiamento. Cosi oltre che sui palchi anche dietro il palco nelle fila di Musicamorfosi vorrei allevare una generazione di attivisti della musica sociale, capaci di portare la musica e i musicisti sempre in nuovi spazi, di far dialogare gli opposti e di risolvere i problemi impossibili. Ecco sono interessato alle cose impossibili a quelle che non smettono di farmi pensare e spero di poter sempre stare fuori dal sentiero battuto per vedere e sentire cose mai viste prima!
Danilo Bazzucchi